Un pomeriggio al museo

Lo scorso mese di febbraio, in occasione di un laboratorio musicale al Museo etnografico di Ginevra, la mediazione musicale si è profilata come strumento di riflessione e approfondimento dei legami tra pubblico e patrimonio culturale.

Di fresca nomina in seno al comitato della nuova associazione "Mediazione musicale Svizzera+", m'interrogo ancora su cosa esattamente implica questa nozione di mediazione musicale. In virtù delle mie attività di giornalista e capo di progetti musicali, conosco naturalmente le esperienze dei "laboratori musicali", degli "interventi nelle scuole" e delle "visite guidate su una tematica o una storia musicale". Intuitivamente, però, tendo ad associare il termine di mediazione o di mediatore a una forma di arbitraggio e di moderazione tra due parti in disaccordo. Il che confonde le idee.
È in tale contesto che accolgo la proposta di Barbara Balba Weber di accompagnarla al laboratorio partecipativo organizzato con il team del Museo di etnografia di Ginevra, il MEG. Il MEG possiede un fondo di 16'000 ore di musica del mondo e una collezione di 2500 strumenti musicali di cui certi spécimen fanno parte dell'esposizione permanente del museo. In questo lunedì pomeriggio di febbraio Mauricio Estrada Muñoz, responsabile dell'Unità "Publics", otto mediatrici e mediatori e guide del museo sono riuniti in una saletta conferenze. Ed entra in scena la guida di mediazione musicale realizzata l'anno scorso da Barbara Balba Weber e altri sei mediatori svizzeri nell'ambito di un lavoro di ricerca. La guida è disponibile al sito mediazione-culturale.ch

Chi? Perché? Per chi? Come? Chi?
Nel treno che ci porta a Ginevra, Barbara mi spiega che per mediazione musicale s'intende ogni azione legata al trasferimento della musica a un pubblico. I musicisti sono i primi mediatori, ma lo sono anche i giornalisti, gli organizzatori di concerti, le case discografiche e, insomma, chiunque abbia in qualche modo a che fare con la musica. Ora sono più tranquilla: quindi sono anch'io una mediatrice musicale senza saperlo!
Barbara Balba Weber inaugura l'atelier presentando la bussola per la mediazione musicale, ossia la guida per la pratica e la professionalizzazione della mediazione musicale in Svizzera. La guida in quanto tale consiste in un semplice pieghevole corredato da schemi esplicativi: uno strumento semplice che permette di analizzare e sviluppare un'azione di mediazione sulla base di cinque criteri di base: cosa - perché - per chi - come - chi.
All'interno di queste cinque grandi tematiche, i partecipanti hanno affrontato altre questioni al fine di valutare un loro progetto, di svilupparlo o di meglio comunicarlo all'esterno. Ogni musica ha le proprie specificità, ma le cinque categorie sono sempre applicabili. Qualche esempio: la musica classica cerca di rinnovare il suo pubblico (ed è anche il genere musicale più attivo nella mediazione musicale). La musica folcloristica si trova confrontata con la difficoltà di essere presente in campagna ma non in città. E la musica hip hop deve misurarsi con i limiti generazionali del suo pubblico. Cosa si può fare per agevolare la comunicazione tra queste musiche? Per creare passerelle verso nuovi pubblici? Sono queste le sfide con cui si trova confrontata la mediazione musicale.

Musiche tradizionali evolutive
Al MEG, la situazione è particolare perché il museo non crea musica ma la conserva. Esistono già attività di mediazione musicale: una camera sonora mescola immagini e suoni per tentare un approccio "consistente" al supporto immateriale che è la musica, visite tematiche attorno alla musica valorizzano gli strumenti esposti e le registrazioni (disponibili tramite tablet tattili), vengono programmate esibizioni musicali da parte di musicisti o DJ. Sono già stati pubblicati più di un centinaio di dischi, di cui tre dischi di remix di archivi sonori, e vengono regolarmente organizzate visite scolastiche. 

Ma la squadra del MEG si china attualmente su un progetto destinato agli adulti che dovrebbe permettere di riattivare, di fare riscoprire gli archivi sonori e di far partecipare i musicisti e il pubblico. Le questioni che si pongono sono:

  • come ricollocare le musiche tradizionali nel loro contesto?
  • come creare un dialogo significativo tra gli oggetti?
  • come creare un "viaggio sonoro", raccontare delle storie?
  • come proteggere/promuovere le musiche tradizionali attuali?

Bussola e piste di riflessione Utilizzando la Bussola Mediazione musicale, i partecipanti al laboratorio si rendono conto come mezzi e contenuti siano legati. Le questioni che si pongono sullo strumento, su "come funziona" fanno eco alle questioni relative al loro approccio. E allora si pone rapidamente la questione su cosa sono le musiche tradizionali: tutti sembrano d'accordo a sostenere che le musiche tradizionali nel senso di "ancorate nella tradizioni" non esistono. Le musiche tradizionali sono per essenza evolutive. "Rinchiuse" in un museo, come valorizzarne il potenziale evolutivo? Si evocano i cittadini delle comunità straniere. Questo pubblico non conosce la ricchezza del patrimonio museografico, ma è spesso toccato dalla musica. Come si potrebbe integrarli nel processo?

In una società in cui l'immagine è preponderante, sarebbe interessante mostrare le musiche nel loro contesto tramite filmati. Per trovare queste immagini si esprime il bisogno di associarsi a nuovi partner. Si evocano allora le scuole di musica, i musicisti e altre strutture o istituzioni implicate nelle musiche del mondo.

Al termine di questo pomeriggio di brainstorming, non si è giunti a nessuna conclusione definitiva. Ma non era questo lo scopo: si è avviato invece un processo di riflessione, processo che privilegia l'apertura e la condivisione delle competenze. Ora bisogna lasciarsi il tempo per digerire questa prima presa di contatto. Ognuno parte per le sue incombenze, mentre un secondo incontro è previsto nel corso del 2016. Per quanto mi concerne, l'esperienza mi ha arricchito: in una mezza giornata ho capito molto meglio in cosa consiste la mediazione musicale e soprattutto lo spirito di collaborazione che genera con prospettive di sviluppo davvero interessanti. Affaire à suivre.

Testo: Elisabeth Stoudmann
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