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Margrit Bürer

Testo breve sul tema «Chi fa mediazione culturale»

L’interesse per la mediazione culturale è da valutare positivamente e contribuisce per così dire anch’esso alla mediazione. Si sono affermati nuovi campi professionali, sono disponibili diverse opportunità di formazione, si sono costituite organizzazioni professionali, mediante i risultati della ricerca acquisiti e le possibilità di finanziamento disponibili in futuro sarà possibile migliorare anche le condizioni di lavoro delle mediatrici e dei mediatori culturali e forse usufruire efficacemente anche del volontariato: le conquiste sono molteplici e considerevoli. Chi ha interessi culturali dispone di un’ampia scelta di offerte di mediazione. Oggi ogni disciplina ha i suoi esperti di mediazione, le mediatrici e i mediatori hanno consolidato il loro ruolo in campo culturale, il rapporto mediatori-consumatori è considerevole. A questo punto, però, oltre alla soddisfazione per i risultati conseguiti, è forse anche il caso di chiedersi se ci si sta muovendo nella giusta direzione.

Se si dà credito ai sondaggi, da cui emerge che con l’aumento dell’offerta culturale non aumenta il numero assoluto degli interessati alla cultura, ma aumenta il numero delle offerte utilizzate da chi è già interessato, l’investimento nella mediazione culturale comporta in primo luogo un’estensione delle competenze del «pubblico specializzato». Ciò non è di per sé negativo, ma difficilmente risponde agli intenti di politica culturale impliciti nella mediazione culturale. Dal crescente numero di manifestazioni culturali, creatori culturali e istituzioni, si deduce che l’attività culturale creativa sia più attraente del consumo. A partire da questo presupposto, come pure dall’intendimento fondamentale della mediazione, andranno approfonditi quegli approcci che ammorbidiscono la separazione tra «produttori» e «consumatori», tra docenti e discenti e che consentono relazioni di scambio aperte. Io intendo sostenere qui, accanto alla mediazione culturale professionale e differenziata, la considerazione e la valorizzazione della mediazione culturale quotidiana ed efficace: di tutti coloro che si sono sentiti stimolati da un’opera o da una produzione culturale e intendono in qualche modo renderne partecipi le persone della propria cerchia e dischiuderne ad altri l’accesso.

Margrit Bürer, educatrice sociale dipl., supervisore BSA, Executive MBA HSG. Dal 2006 è Delegata alla cultura del Canton Appenzello Esterno. Dal 1982 – 1994 è stata cineasta indipendente e dal 1995 – 2006 è attiva con funzioni diverse presso la Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia.

Franziska Dürr

Mediazione – bilanciamento di conoscenze e abilità

Negli ultimi 20 anni molte istituzioni culturali hanno capito quant’è importante la mediazione. Un’esposizione, un museo, un evento culturale necessita, soprattutto alla prima visita, un invito o un accompagnamento. Così si osserva come sempre più musei e altre istituzioni culturali propongono offerte di mediazione d’arte rivolte sia al pubblico abituale sia a quello nuovo.

Ma chi si occupa della mediazione? Chi sa costruire ponti? Sono utili studi storici o una formazione pedagogica per lavorare per esempio nella mediazione in un museo storico? È utile un perfezionamento nel settore della mediazione o occorre anche una formazione in marketing?

Lavoro di mediazione significa ideare un’offerta, attuarla in pratica, verificarla e rifletterla. Le sfide iniziano già precocemente: come possono i nuovi frequentatori sapere dell’offerta, come dev’essere strutturata affinché i frequentatori non siano consumatori passivi ma attori che partecipano in maniera sostanziale, di modo che il loro incontro con la cultura diventi un’esperienza personale?

Oltre alle conoscenze professionali e all’abilità pedagogica, le mediatrici e i mediatori culturali necessitano di forza innovativa per delineare nuovi approcci. Hanno bisogno di assertività, perseveranza e ingegno per apportare novità in strutture esistenti.

Fare mediazione culturale significa anche impegnarsi per condizioni quadro che consentano uno sviluppo durevole della mediazione. La mediazione necessita in ogni caso di spazio, mezzi finanziari e attenzione per costruire qualcosa di duraturo.

Occorrono quindi sia ferratezza professionale sia destrezza nella modalità della mediazione. Chi fa mediazione culturale dev’essere interessato tanto alle persone quanto alla cultura. Il suo retroterra è il legame con la cultura tramite la propria creazione artistica e culturale per apportare un’approfondita conoscenza nel settore oggetto della mediazione. Inoltre, occorre competenza e abilità pedagogica, basate su una formazione o su esperienza propria. Solo con questo doppio legame le mediatrici e i mediatori culturali sono predestinati a fungere da ospiti e a invitare un nuovo pubblico, a gettare ponti e a dischiudere porte verso la cultura. Altre chiavi importanti per una carriera di successo sono inoltre l’iniziativa personale e una solida esperienza professionale e di vita.

Franziska Dürr è responsabile per la mediazione artistica dell’Aargauer Kunsthaus e del corso di mediazione culturale «Kuverum».

Gianna A. Mina

Il Museo Vincenzo Vela e la mediazione culturale di museo

Ogni mostra, permanente o temporanea che sia, è di per sé un atto di mediazione culturale. Nell’allestire degli oggetti o delle opere d’arte e nel presentare dei contenuti in maniera ordinata, la curatrice o il curatore della rassegna trasmette una visione, un percorso di lettura e un’interpretazione che dovrebbero coinvolgere al meglio il pubblico e farlo partecipe di un dialogo arricchente e stimolante. Se in più questa pratica del mostrare e del comunicare contenuti avviene all’interno di uno spazio che è nato come casa d’artista, residenza domestica e museo privato, ecco allora che questo proposito si carica di una pertinenza maggiore e di una chiara legittimazione.

È questo il caso del Museo Vincenzo Vela, tra i pochi musei federali presenti sul territorio elvetico, una tra le più originali case d’artista dell’Ottocento europeo, ideata dallo scultore ticinese Vincenzo Vela (1820–91), attivo soprattutto durante il Risorgimento italiano come scultore e patriota.

A partire dalla sua riapertura al pubblico dopo una ristrutturazione importante (1997–2001), la mediazione culturale ha rappresentato una delle principali preoccupazioni della direzione del Museo, ben cosciente di questi presupposti. Nel 2001 è stato istituito un Servizio di mediazione culturale, che ha funto da motore per tutta la regione e ha ampliato di stagione in stagione le sue proposte a diverse tipologie di pubblico, in un dialogo aperto con il territorio. Coinvolgendo i docenti delle scuole in tavole rotonde, abbiamo instaurato con loro un rapporto di fiducia, spiegando chiaramente quali fossero i nostri intenti: una mediazione culturale di museo non intesa come prolungamento dell’aula scolastica, ma come processo di apprendimento alternativo e/o complementare, basato sulla sollecitazione di tutti i sensi.

Le esperienze positive raccolte con le scuole ci hanno indotti a estendere il processo di avvicinamento del museo ad altri gruppi di utenti interessati. Avvalendoci della collaborazione di professionisti specializzati in altri settori, come pure di membri del pubblico attivi come nostri «ambasciatori», abbiamo ideato negli anni delle attività mirate per non-vedenti, per portatori di handicap, anche gravi e, da cinque anni ormai, per richiedenti l’asilo. Proprio la presenza di una collezione permanente fortemente connotata e insolita, ci ha permesso di sviluppare dei progetti che coinvolgessero non solo l’esperienza artistica, bensì con altrettanto rigore, una riflessione storica, un approccio alla prassi psicologica e ad altre discipline umanistiche. Ma anche la musica è entrata a tutti gli effetti nel nostro concetto di mediazione con il pubblico. Regolari appuntamenti musicali inducono il pubblico interessato a fare esperienza di museo, a riflettere sull’incrocio delle espressioni artistiche e sulla loro diversità. E anche il teatro, espressione «plastica» tanto quanto lo è la scultura, l’uno in movimento, l’altra statica, ha trovato una presenza regolare nelle nostre offerte.

Ritengo che tutto questo sia possibile partendo da alcuni fondamenti imprescindibili, sui quali costituire una mediazione di qualità: l’accoglienza generosa e sensibile, la serietà di approccio alle tematiche proposte, l’attento ascolto delle esigenze del pubblico, la capacità di reinterpretare le collezioni permanenti, attingendo ad esse con curiosità e fantasia, in un percorso radicato nel passato ma proteso in una dimensione futura.

Gianna A. Mina dirige dal 1992 il Museo Vincenzo Vela a Ligornetto. Dal 2008 al 2011 membro della Commissione svizzera dell‘UNESCO, fa parte del comitato dell‘Associazione delle storiche e degli storici dell‘arte svizzeri e dal 2012 è presidente dell‘AMS (Associazione dei musei svizzeri).

Anne Catherine Sutermeister

La mediazione culturale, indicatore di qualità delle politiche culturali?

Divenuta una pratica culturale e artistica a pieno titolo, la mediazione culturale si è integrata nel sistema della promozione culturale, scompaginandolo e sovvertendolo. L’importanza che essa ricopre nei diversi ambiti culturali costituisce un prezioso indicatore della capacità di reazione dei politici e della loro attitudine a definire con coerenza nuove missioni.

ici e della loro attitudine a definire con coerenza nuove missioni. Nonostante la mediazione culturale in Europa vanti una lunga storia, la sua istituzionalizzazione in Svizzera è recente. Mentre in Francia la mediazione rimane legata a una visione politica (la democratizzazione dell’accesso alla cultura), da noi rientra in una riflessione più pragmatica, persino utilitaristica: dopo aver assunto provvedimenti di sostegno nei confronti dell’offerta (sussidi alle istituzioni e alla creazione), ora gli enti pubblici si preoccupano della domanda. In effetti, in un contesto politico incerto si pone la questione dei beneficiari dell’offerta culturale sovvenzionata e la mediazione culturale diventa talvolta LA risposta a tutti i mali.

L’avvento della mediazione come strumento di sostegno solleva questioni assai pertinenti e rivelatrici sul modo in cui si organizza la cultura e si manifesta l’efficienza dei politici in carica. La maggior parte delle istituzioni, degli artisti e delle associazioni sviluppa azioni di mediazione, generando un’abbondante offerta. Essa non è però sempre intelligibile da parte del pubblico: proposte poco coordinate, ridondanza, eterogeneità del pubblico mirato. In poche parole, nonostante l’impegno molto professionale di numerosi attori e istituzioni, prevale una visione della mediazione quale servizio all’attenzione della popolazione e non come somma di azioni individuali a corto termine. Come istituire una mediazione che ritrovi il suo obiettivo primario: essere concepita per il pubblico e non in funzione del settore artistico? Come conciliare la visione segmentata delle organizzazioni artistiche e culturali con un approccio territoriale che tenga conto delle specificità geo-urbane e socio-culturali?

La mediazione, nuova forma di intervento culturale mirato, può così diventare una sfida per ripensare l’impostazione del sistema culturale: come coordinare i centri di competenze trasversali con le istituzioni esistenti? Come federare le diverse forze e peculiarità artistiche per porle al servizio della popolazione? In ragione della sua specificità, la mediazione introduce una dinamica interessante nel sistema culturale. Le risposte date dal settore pubblico sono altrettanti indizi che consentono di misurarne la capacità di reazione.

Dott. Anne-Catherine Sutermeister, Prof ASS, responsabile dell’Istituto di ricerche in arte e design – Alta scuola di arte e design di Ginevra.